Alla nascita: che fare?
Grande é la preoccupazione, comprensibilmente, al verificarsi di un tale evento.
Nei primi giorni tuttavia non bisogna disperare eccessivamente; si ricordi che oltre la metà dei casi riprendono bene già entro i primi trenta giorni di vita.
E' importante verificare che non vi sia una frattura della clavicola o di omero in quanto già questo fatto può giustificare la ridotta mobilità del braccio.
In questa prima fase l'unica vera preoccupazione é l'eventuale controllo della funzione respiratoria che, solo in casi fortunatamente assai rari, accompagna le paralisi totali con associato blocco del diaframma.
Nei casi più critici potrebbe rendersi necessario un intervento di plicatura del diaframma, con lo scopo di limitare l'occupazione della cavità toracica da parte dei visceri addominali. Essi infatti, con il nervo frenico lesionato, potrebbero severamente ostacolare la funzione respiratoria, erniando attraverso un emidiaframma reso lasco dalla paralisi.
Se vi sono fratture, il braccio può essere lasciato tranquillo per una decina di giorni; altrimenti si inizi pure con movimenti passivi assai dolci.
Se dopo la prima quindicina di giorni il deficit non regredisce, il bimbo deve essere avviato ad un servizio di fisioterapia. Lì verranno eseguiti ed insegnati alla madre sia i movimenti passivi, che servono a tenere l'arto in piena integrità, sia i movimenti facilitatori delle funzioni mancanti.
L'elettromiografia non ha nessun ruolo in questa fase, e non può predire la qualità del recupero.
Dopo un mese
a questo punto è bene che il piccolo sia visto anche da un medico specialista delle lesioni di plesso brachiale e che il trattamento, con gli appuntamenti terapeutici chiave, venga concordato con una comune strategia tra microchirurgo e terapista.
Bisogna evitare la visione di assoluto rifiuto della chirurgia (propria di alcune correnti di pensiero fisioterapico) e, per converso, la scarsa fiducia riposta nelle possibilità della terapia riabilitativa da parte di alcuni chirurghi.
La fisioterapia va continuata ma bisogna dare grande privilegio agli esercizi facilitatori dei movimenti mancanti.
Non vi è necessità di tutori (splint) in questa fase, ma può essere intrapreso tranquillamente il bendaggio funzionale, la facilitazione sul fianco, o la terapia di restrizione del braccio sano (vedi capitolo sulla fisioterapia).
A tre mesi
Se vi é ancora assenza della attività del bicipite o persiste una paralisi della mano con sindrome di Horner, ciò significa che ci troviamo davanti ad un neonato che ha maggiori possibilità di recupero con la chirurgia.
Non é tanto in discussione il fatto che il bicipite recuperi, ma il tempo necessario per il recupero. Infatti, il recupero lento del bicipite indica che il plesso ha un'elevata percentuale di rottura dei fascicoli. Pertanto, lasciare fare alla evoluzione naturale comporterà una maggiore gravità di sequele di quanto non sarebbe dopo la microricostruzione chirurgica.
Nei bimbi con paralisi totale ed avulsione delle ultime radici, la differenza tra un intervento chirurgico e la storia naturale é fondamentale: solo l'intervento, infatti, può restituire funzione alla mano ed assicurare una buona crescita in lunghezza dell'arto.
Se invece il bicipite e la mano funzionano si prosegue con la fisioterapia.
A sei mesi
In caso di assenza di funzione del bicipite e della mano persiste l'indicazione chirurgica. Taluni chirurghi preferiscono questa data per operare con la convinzione che, avendo il piccolo qualche mese in più, siano minori i rischi dell'intervento. Oggi, comunque, lo stesso intervento può essere eseguito in sicurezza anche a 3-4 mesi.
I bimbi che hanno invece avuto un buon recupero, vanno attentamente seguiti dal chirurgo ogni tre mesi per cogliere i segni di contrattura in intrarotazione della spalla.
Da 1 anno a 2 anni
Ogni tre mesi è bene che il piccolo venga controllato per intensificare gli esercizi favorenti la extrarotazione ed, eventualmente, per proporre un intervento di release del muscolo subscapolare. Si tratta di un piccolo intervento che ha lo scopo di riportare in angolatura corretta la rotazione esterna della spalla. Lasciare evolvere il bimbo con una contrattura di intrarotazione ha effetti deleteri sullo sviluppo osteo-articolare della spalla e sulla successiva funzione dell'arto.
Dopo i due anni
Si presume che la rigenerazione delle radici alte sia terminata (nella ricostruzione della mano invece i progressi possono aversi per diversi anni ancora) e si possono proporre interventi correttivi muscolari per migliorare la funzione di spalla. La fisioterapia continua, anche se può essere attenuata come frequenza, permettendo al piccolo e ai genitori maggiore libertà.
Dopo i quattro anni
Potrebbero nel frattempo essersi sviluppate deformità ossee ed articolari, da indagare con esami radiologici o di risonanza magnetica. Ulteriori procedure chirurgiche potrebbero rendersi convenienti. La fisioterapia attiva può essere gradualmente rimpiazzata da attività ludico-scolastiche e da sport quali il nuoto.
Un "occhio" fisioterapico va comunque mantenuto fino alla seconda infanzia, a scadenze regolari.
Importante
Tutto quello che avete letto o leggerete è lo "stato dell'arte" sulla paralisi ostetrica ed è stato scritto per i genitori.
Ricordate però che il vostro bimbo, non rendendosi conto del problema, vive questo affollarsi di persone "interessate" al suo braccio o come un gioco o come una costrizione.
Sta a Voi cogliere e, possibilmente, orientare precocemente questi segnali.
Nel secondo caso è bene non insistere in modo esagerato per non ottenere l'effetto contrario, e cioè che il bimbo rifiuti il suo braccino per tutte le seccature che gli comporta e che gli "frenano" la sua libertà.
Questo è un problema che fortunatamente avviene assai di rado ma può compromettere il risultato del nostro trattamento.